Moskovskye zapicki 1


In una stanza di ostello (perché a noi piace cambiare), riposando le stanche membra dopo una giornata faticosa e piena a dir poco, la mente vaga e vaga e io tra poco la seguirò fisicamente per le Ulize, i pereulok e i bulevar moscoviti, se non altro per procacciare qualcosa da mettere sotto i denti e scoprire i dintorni. La doppia colazione carpiata è infatti stata seguita da un mirabolante salto del pasto, a cui bisognerà presto ovviare per non ritrovarsi con la stessa cera della salma di Lenin in zona Arbat. Nota di merito all'ostello però, devo aggiungere che i cuscini sembrano confortevoli, non delle sottilette kraft fatte e finite come altri.


La giornata è iniziata troppo presto, alle 4 del mattino (fortuna vuole che mia madre sia volenterosa, automunita e che oggi fosse sabato, altrimenti la cosa avrebbe sicuramente avuto sviluppi più mattinieri). Volo per Moskva Domodedovo con scalo a Bruxelles, il cui aeroporto ha aperto solo da pochi giorni. Il vantaggio di questa situazione è che posso godere, in entrambi i voli, di posto finestrino senza nessuno accanto. Inoltre questa non è Ryanair: le gambe si slargano e allungano felici  e contente, i bambini sono pure contenti e tranquilli nonostante le numerose ore di volo. 
Il passaggio da Bruxelles è strano: si avverte ancora la tensione dei giorni passati, molte aree sono ancora chiuse. Non impedendo però di fare uno slalom tra prodotti locali: cioccolato e birra belga per l'anima e lo spirito. 

L'arrivo a Mosca è tutt'altra storia: l'aria è pesante e calda, il cielo plumbeo; tutto qui è imponente, tutti mi si rivolgono in russo e, nonostante non sia difficile capire, Domodedovo mette un po' a disagio. Un po' è l'emozione, un po' è la soggezione tipica dell'arrivo in posti particolarmente differenti da quello che è la nostra quotidianità. Decisamente questo viaggio mi porta parecchio fuori dalla mia comfort zone, ma è quello che cerco, è questo il bello. Uscire dall'aeroporto per cercare un bus e iniziare a spiare gli altri passeggeri per cercare di carpire stralci di conversazione: un po' patologica e maniacale forse, però è così soddisfacente...
Il pullman esce dall'aeroporto e davanti a noi distese di alberi bianchi, striati, zebrati. Zone private di grandi appezzamenti disboscati, obbrobrio in sé che permette però di intravedere fantastiche cupole dorate, chiesette ortodosse in lontananza, nel mezzo del nulla. 
Dal pullman si passa dunque alla metro: la stazione Domodedovskaja è caotica e brulicante come un formicaio. ma a mano a mano che si raggiunge il centro, le stazioni diventano una più mrabolante dell'altra, irrealisticamente belle con i loro lampadari e statue in ogni dove. 
Uscendo dalla metro, verso l'ostello, ogni dove sorgono palazzi enormi, altri stupendi. Una sorpresa ad ogni angolo, seguendo la strada per il Cremlino (che non è però il mio ostello, che froda i poveri clienti chiamandosi solo Red Kremlin). Una città per schiacciare l'individuo, per far sentire il potere che pesa, sempre presente nelle vite dei cittadini. Però è affascinante anche per questo, e perchè accanto a queste costruzioni titaniche si scorgono zone quasi desolate, povere, zone sporche, ripostigli.
L'ostello dove mi trovo è in una di queste zone. Però è colorato, è vivo, e fa risuonare la musica ovunque. привет москва. E ora c'è un gruppo che suona al piano di sotto. Nirvana quasi swingati. La città chiama.

La sera è un nuovo speciale susseguirsi di eventi. Un ostello apparentemente acciaccato si rivela epicentro di vita notturna musicale, colorata, giovane. La mia zuppa di pesce, la mia yxa è buonissima e mi ricorda dei bei tempi irlandesi davanti al seafood chowder. La temperatura è quasi estiva. Ideale per un giro serale, dopo aver scambiato due parole (che già al momento costituiscono per me una fatica immane) con alcuni locali.Poi giro per la città. Che rivela tutto il suo splendore. Immensa, con vialoni a innumerevoli corsia, sicché a loro le cose piccole e semplici non aggradavano. E poi lei.
San Basilio sembra stata eretta quasi da un giocattolaio che di punto in bianco ha sbroccato e ha deciso di sfidare il Cremlino. Riuscendoci, fra l'altro,perfettamente. Poi mi perdo per le strade di questa città strana, sempre a metà, piena delle sue contraddizioni. Mi rendo conto di quanto cambi le prospettive conoscere la lingua, sapere che la gente che ti sta intorno non sta parlando di un mondo astratto con suoni bizzarri. E ora si cerca di dormire, sotto è gran festa. Ed io ho appena incontrato una mia compagna di corso. Il mondo non è piccolo, è minuscolo!

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