Tutti al lager a mostrar le chiappe chiare


Arrivare in Russia, in un luogo conosciuto all’estero tanto quanto Busto Arsizio (forse anche meno) è già un bel salto nel vuoto. Aggiungendoci quel tocco di freschino polare e i brividi che mi vengono non per il freddo ma quando si tratta di dove avere a che fare con i bambini ed otterrete quella meravigliosa sensazione di sorpresa quando, la mattina dopo essere arrivata in questa ridente cittadina mi sento dire che nel giro di quattro giorni saremmo partiti per andare una settimana in un campo “primaverile” per bambini. Campo (più simile alle nostre vecchie italiche colonie) che in lingua russa su chiamano molto amabilmente “Lager”. Ho reso l’idea?
In realtà mettersi nei panni dell’insegnante per questa volta è sicuramente interessante. Non so bene da dove iniziare e non mi è mai capitato effettivamente di dovermi confrontare con una simile problematica ma può essere un’altra sfida. In più qui le persone non parlano una cippa di inglese. Ancora meglio.

Il mio unico problema è l’inserimento con gli altri volontari: non parlando bene la loro lingua i tempi di reazione sono infiniti, per non parlare del riuscire a stare dietro a questo fiume di parole nuove che mi sta affogando (ed a volte è piuttosto stancante a livello psicofisico doversi confrontare con questa realtà) e rispondere diventa altrettanto complesso. Per cui i miei momenti di brillantezza e fresca ironia possono andare a quel paese: benvenuta Troglofede. Per questo forse è meglio riuscire a dedicare un po’ di tempo anche all’apprendimento. Anche se, fino ad ora, le possibilità non sono state molte, ma giustamente in previsione di questa allegra scampagnata non mi sono state affidate lezioni né in quanto insegnante né come allieva.

La voglia di imparare aiuta; musica, sport e infallibile body language italiano sono sicuramente validi alleati per mandare a quel paese queste barriere. Vedremo come andrà questa settimana.
Più out of the comfort zone di così si muore. Da un po’ non mi capitava una situazione in cui la vocina del “ma chi me l’ha fatto fare” è sveglia e all’erta e impertinentemente presente.

(Breve storia russa: uno dei giochi pensati per il campo consiste nell’estrarre il nome di uno dei presenti da un cappello e fare un regalo nel giro di questa settimana a quella persona. Senza farsi scoprire. A me sono già arrivate due arance. Come se non bastasse, ieri sera abbiamo giocato a “Mafia” (L’assassino). Non mi sono mai sentita tanto stereotipata.)

Dopo una giornata così la caccia al tesoro serale ha un suo lato divertente. Uscire (questa volta ben coperte onde evitare l’esperienza di gelo pomeridiana) e passeggiare nella calda neve marzolina, ma soprattutto guardare in alto e farsi venire il torcicollo per il pullulare di stelle in alto. Lontano dalle luci della città, al limitare dei boschi, è uno spettacolo stupendo che acquieta l’animo stanco dopo una lunga giornata. La settimana è solo iniziata. Ma la serenità di questi momenti fa apparire tutto sotto un’altra prospettiva. 

Giorno: Lunedì 27 marzo, anno domini 2017. Iniziano oggi le lezioni del lager. La doccia non ha acqua calda. La costipazione portata dall’astinenza da caffè e dallo sregolamento della mia routine alimentare quotidiana non aiuta. La stanchezza si fa sentire, soprattutto perché alle 6 la stanza viene prepotentemente invasa dalla luce del mattino: qui tapparelle o tende scure non vanno molto di moda.
Piccoli e coccolosi amici
Momento lagna finito: sono riuscita a scampare il turno di risveglio/mettere a letto i bambini e spero di dovermelo sorbire il minor numero di volte possibile. Alle volte non essere fluente con la lingua aiuta.

In più oggi faremo lezioni di inglese ed italiano per cui penso che sarà più nelle mie corde personali. Almeno spero. Però ho deciso che l’ora di silenzio la dedicherò alla lettura. Ci sono momenti in cui la necessità di spazio personale è fortissima, soprattutto quando comunicare con gli altri è molto difficile e stancante a livello psicologico. Spero che dopo questa settimana il mio russo sia migliorato un po’, almeno ci sarebbe un bel lato positivo.

Suono di tamburi. Musiche pop sparate ad alto volume. Arrivano!

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