Cheboksary - Resoconto a figure della prima settimana
Quando ho deciso di partire per Cheboksary avevo diverse idee in testa, eppure non sapevo assolutamente cosa aspettarmi: una città il cui nome è noto solo ai massimi esperti di geografia russa o, al di fuori di questa cerchia, a chi ha vissuto nei dintorni di questa città oppure dai russi stessi, anche se non posso dare per certo che questi la conoscano effettivamente. D’altronde, conoscere la geografia del proprio paese nei minimi dettagli è più difficile per i russi che per chiunque altro nel mondo probabilmente, avendo questo paese una superficie più estesa di quella di Plutone:
Diciamo quindi che di cose da tenere in testa oltre al colbacco questi russi ne anno.
Ma non divaghiamo e torniamo alla ridente cittadina di Cheboksary. Inizialmente l’aeroporto stesso fa presagire di essere atterrati in un luogo piccolo e relativamente provinciale: non vi è che una grossa sala di attesa per arrivi e partenze ed unicamente un piccolo locale adibito a ritiro bagagli (senza nastro trasportatore ovviamente). La gente si affolla davanti allo stretto ingresso e una lenta processione di sfregamenti comincia ad avere luogo. Sembra davvero di essere tornati a 50 anni fa. Con la neve che copre quasi ogni angolo nei dintorni.
Con mia grande sorpresa il direttore del centro linguistico dove andrò a lavorare mi accoglie dandomi il benvenuto in italiano, che parla piuttosto bene, oltre all’esperanto, il francese e il Ciuvascio, la lingua locale (etnica et territoriale). E' sempre affascinante scoprire una cultura sconosciuta, sentire l’orgoglio di appartenenza a un popolo senza però quella spocchia sciovinista che si accompagna di solito al discorso in questi casi: solo tanto amore per la propria cultura e tradizioni che si vogliono difendere davanti all’egemonia delle grandi potenze della globalizzazione e dalle perfide sette capitaliste.
Nuova casa nuove cose: ad aspettarmi il nuovo crucchissimo coinquilino austriaco, che esibisce subito una bottiglia di ontepulciano d'Abruzzo e video demenziali-informativi sulla Russia: l'inizio lascia presagire bene. Dopo qualche imprecazione nei confronti del precedente abitante della mia camera, evidentemente non avvezzo alle arcane pratiche della pulizia e che forse riteneva un gesto cortese lasciare le sue traccie in giro con cartine di caramelle ed altri rifiuti di vario genere, muoio malamente sul letto-divano-boh. Domani si comincia già con i club di conversazione.
Primo giorno, prime impressioni, primi geloni. Qui la neve non si scioglie da novembre. La casa però è calda, molto calda, troppo calda: aprire i finestroni diventa un'impresa necessaria, nel ttentativo di non piombare di sotto in pantofole e pigiama.
Prima lezione: già il sabato dopo il mio arrivo mi affidano il club di conversazione in italiano. Si rivela un'ora piacevole con due ragazze russe che parlano un buon italiano nne con cui passo la serata a conversare in una sorta di gramelot tra italiano russo ed inglese. Con molto entusiasmo vengo portata a provare la mitica Pizza russa (di cui il mio crucchissimo coinquilino, da Salisburgo con furore, mi aveva già decantato le proprietà...antisettiche, possiamo dire, a causa dell'enotme quantitativo di maionese brutalmente spalmato sulle ignare ed innocenti fette). Questa pizza si rivela invece un piacevole piatto pesantissimo, da fast food ma con una sorta di gusto tutto suo. Una particolare torta salata, possiamo dire.
La settimana prosegue con un grande party pizza con le studentesse della mia coinquilina Silvia. L'ambiente della scuola è molto carino, sono tutti molto gentili e con le ragazze è facile intendersi. Si mangia, si beve, si canta. Io cerco di stare dietro alm fiume di parole russo, sono un po' il goofy della situazione. Forno forgiato per bruciare pressochè tutto a prescindere, la pizza ha quel sentore di casa che coccola l'animo.
Ma la sfida è appena iniziata. Ci vediamo prossimamente!


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