Shock-o-lat
Lo shock culturale più grande – poter parlare liberamente
inglese, avendo davanti personale che non solo ti comprende, ma che ti risponde
con un inglese quasi perfetto. Decidere a prescindere di parlare russo, un po’
per abitudine e per difficoltà a ripassare all’immediatezza dell’inglese dell’interazione
con i servizi. Perché il russo è più bello, punto. Per me.
Italiani, italiani ovunque. Troppi italiani, e cinesi, rumorosi.
Cambiare valuta, cambiare colore perché ti eri abituato a
fare il calcolo coi rubli e ora crea panico e paura il ritorno. Anche perché ora
si passa alle corone ceche.
Non dover tirare fuori il passaporto anche quando mi soffio
il naso e poterlo lasciare un attimo tranquillo se devo andare a lavarmi le
mani un attimo.
Siamo tornati nella terra promessa della libera
circolazione, baby.
Dulcis in fundo, la profonda consapevolezza che sentirai una
mancanza incredibile di smetana ed aneto, che anche qui sono più onnipresenti
del prezzemolo da noi.
Infine, quella psicopatica voglia che, dopo aver sentito
parlare per 10 minuti in estone, mi farebbe fiondare in libreria a comprare una
grammatica.
E la testa che ciondola pericolosamente in autobus. La minaccia che porta l'assaggio dei liquori locali.

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